Un’italiana in California pt.1
Per quei pochi che seguono la pagina, sanno che mi trovo a Palo Alto, in California per un work exchange program di qualche mese.
Da quando sono arrivata non faccio altro che chiedermi di cosa potrei scrivere, ma solo oggi ho realizzato l’effettiva quantità’ di contenuti che un’italiana all’estero può esporre, soprattutto se in quelle frasi di cui scrive, si parla per lo più delle interazioni umane e delle conseguenti emozioni che ne derivano.
Ieri ho passato un paio d’ore con un mio collega italiano che si trova qui da un anno per il lavoro di ricercatrice presso l’università di Stanford della moglie e, parlando un po’ ci siamo trovati ad un punto davvero interessante: Gli americani, sono realmente così “friendly” come vogliono farci credere?
Qui nella baia, la comunità italiana non è esageratamente consistente, ma come chi percorreva El Camino Real sa, quelli presenti sono quelli alla ricerca dell’oro.
Come zona, questa è di certo quella preferita per guadagnare quell’abbastanza da permetterti una vita agiata, ma non solo dagli italiani.
Ecco, come ogni via dell’oro, Palo Alto traspare come multietnica.
È una città sempre pronta a sorprenderti e dove nessuno alzerà un dito per giudicarti. Sarà forse per questo che viene considerata l’”isola felice” della Bay Area?
Tutto questo multiculturalismo, però non viene condiviso, infatti in queste vaste comunità che spaziano dalla messicana all’Indiana, dalla russa alla francese, dalla cinese all’italiana, etc.. non si ammettono membri o interazioni dell’intera comunità con un’altra. Insomma, l’italiano fa l’italiano, il russo fa il russo e via dicendo, senza passare per vie di mezzo.
Naturalmente tutti devono adattarsi ad un criterio di massa, quello Americano, che permette il quieto vivere ed il rispetto delle regole.
Insomma, parlando un po’ di lui, una persona totalmente estroversa ed amichevole, mi ha raccontato della sua difficoltà nel creare un rapporto vero con gli americani o con gli appartenenti ad altre comunità. Seppure sia qui da più di un anno, oltre ad i colleghi che abbiamo in comune che sono di varie etnie, lui frequenta solo la comunità italiana.
Mi ha raccontato della difficoltà nell’ interagire con gli altri che prima non gli era mai stata messa davanti.
Insomma, lo sappiamo come funziona in Italia, un giro lo offri tu, quello dopo io perché ha vinto la mia squadra e ci ritroviamo in un attimo perché abbiamo già qualcosa in comune.
L’italiano è così, se vuole fare amicizia, la fa, non se ne priva.
Qui oltretutto, viene aiutato molto per l’inserimento poiché la maggior parte degli italiani viene chiamato dall’università di Stanford per ricerche e cattedre.
In un modo o nell’altro il 90% della comunità italiana di qui, ha raggiunto Palo Alto tramite l’università, o per seguire i coniugi, o per studiare, o per lavoro lì.
Pochi sono quelli ad averci fatto sopra delle ricerche ed aver cambiato la loro vita di propria spontanea volontà decidendo questa la meta del loro “American dream”.
Quindi l’università “li fa e poi li accoppia”..
Poi chissà, magari ci sono altri come me a cui è stata offerta un’opportunità diversa, ma personalmente non li conosco.
L’Americano è schivo invece, fa l’estroverso, ma non lo è davvero, lo comprendi con il disagio che ti segue come fosse il suo spettro uscito dalla conversazione.
Ti fa sentire come avessi detto qualcosa di sbagliato.
Forse è così solo qui poiché le persone sono per la maggior parte di passaggio, ma diventa quasi triste.
E se qui le persone crescessero con una costante sensazione di abbandono? Come se la sindrome fosse genetica.
Nonostante tutto io un po’ qui mi ci sto pure ambientando. Vabbè, le mie conoscenze sono per lo più legate al lavoro, però esse mi portano a conoscere nuove persone anche al di fuori dello stesso, e sennò ho sempre tinder che ho scoperto solo arrivata qui che viene usato più comunemente per conoscere persone nuove che arrivano in città più di quanto credevo lo usassero per scopare.
Quindi tra tinder ed il lavoro sto conoscendo persone con cui uscire e scoprire la città, però prendo le parole del mio collega e ne faccio tesoro per questa ricerca che è appena iniziata.
Per questo esperimento sociale di cui voglio condividere i dettagli dai più intimi a quello che ne deriverà.
Per qualsiasi tipo di domanda, resto disponibile sul profilo instagram.

Commenti
Posta un commento